JANACEK

Leós Janáček

“Orchestral Works, Vol. 3”

Sara Jakubiak (soprano) – Susan Bickley (mezzosoprano)

Stuart Skelton (tenore) – Gabor Bretz (basso)

Thomas Trotter (organo)

Bergen Philharmonic Choir

Choir of Collegium Musicum – Edvard Grieg Kor – Bergen Cathedral Choir – Bergen Philharmonic Orchestra – Edward Gardner

SACD Chandos CHAN 5165

Una volta il grande critico musicale Massimo Mila affermò che «Se Janáček fosse stato francese, oggi sarebbe importante e famoso quanto Ravel». Aveva perfettamente ragione, perché ancora oggi il nome e la produzione musicale di questo sommo compositore moravo, nato nel 1854 e morto nel 1928, non sono ancora conosciuti e apprezzati adeguatamente, soprattutto nel nostro Paese (e mi chiedo che cosa ne sarebbe oggi di questo grande musicista se nel 1916 il critico e letterato Max Brod, lo stesso che divulgò l’opera di Franz Kafka al mondo, dopo aver visto a Praga la sua opera lirica “Jenufa”, non avesse deciso di farla conoscere anche in Occidente… ). Eppure, con il nostro Giacomo Puccini e il tedesco Richard Strauss, Janáček è stato il più grande operista del Novecento, senza contare che la sua produzione orchestrale rappresenta, per originalità e sapienza compositiva, uno dei vertici assoluti del secolo scorso, degna di essere accostata a quella di Stravinskij, Šostakovič, Britten e altri sommi. Basterà ascoltare quello che è uno dei capolavori della musica sacra dello scorso secolo, la straordinaria “Messa Glagolitica” che fa parte di questo disco dedicato all’integrale orchestrale, oltre ad altre tre brevi pagine, giunta al terzo volume. Composta nel 1926, c’è subito da chiarire il significato della parola “glagolitica” che si riferisce a un’antica lingua slava utilizzata per far conoscere la Bibbia adottando, appunto, la scrittura “glagolitica”, derivata dalla grafia greca del settimo e dell’ottavo secolo o da un alfabeto slavo precedente. Comunque sia, è un fatto incontestabile che una delle messe più belle e profonde di tutta la storia della musica non debba essere intesa in senso religioso, bensì laico, e rivolta non a un ideale spirituale, ma nei confronti dello Stato ceco del quale Janáček era un orgoglioso cittadino. Non per nulla, per far capire meglio l’entità e lo scopo di quest’opera, il compositore affermò: «Ho voluto ritrarre la fiducia nella saldezza della nazione su una base non religiosa ma morale, che chiama Dio come testimone». Opera splendida, suddivisa in otto episodi e con la partecipazione di soprano, contralto (o mezzosoprano), tenore, basso e coro misto, la “Messa Glagolitica” è un inno a un Paese che Janáček ama perché ha saputo scendere a patti con la natura. Pagina panteista come nessun’altra, in cui Dio profuma di terra bagnata e di raggi di sole, questa registrazione, grazie a interpreti davvero all’altezza, ne rappresenta una validissima edizione, tra le migliori degli ultimi decenni, con il soprano Sara Jakubiak e il tenore Stuart Skelton a fare la parte del leone.

Come sempre, l’etichetta Chandos ha saputo confezionare una presa del suono che è all’altezza del lato artistico della registrazione: il palcoscenico sonoro non risulta “ingolfato” dalla presenza delle voci soliste, di un nutrito coro e di una grande massa orchestrale, la dinamica è sontuosa, piena (si ascoltino gli ottoni e le percussioni) e ogni minima sfumatura della partitura non si perde nemmeno in presenza del tutti.

Andrea Bedetti