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Alberto Cima

Filosofia ed estetica della musica

Casa Musicale Eco

Monza, 2014, pp.416

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Filosofia e musica, due universi sconfinati. Che sia pensata come convergenza fra i due o come un dinamico organismo autonomo, la filosofia della musica potrebbe aprirsi alle più differenti ricerche, ad una rete di riferimenti diversamente orientati o a nessi collegati attraverso differenti “interpretazioni”. Non sarebbe così azzardato affermare che aprire una filosofia della musica potrebbe essere come scoperchiare una scatola a sorpresa. Ma, a prescindere da queste considerazioni generiche, dirigendoci sull’ampio lavoro di Alberto Cima, leggiamo nell’introduzione, significativamente intitolata Preludio: “Compito primario di una filosofia della musica è tentare di dare una risposta, apparentemente semplice, alle domande <<cos’è la musica?>>, <<quel’è il linguaggio della musica?>>”. La prima domanda fondamentale –Was ist Musik? – era già stata posta come titolo a un opuscolo divenuto famoso, scritto da Carl Dahlhaus e Hans Heinrich Heggebrecht e uscito anche in traduzione italiana. L’opera di Cima, a differenza di quella dei due studiosi tedeschi e di altre Filosofie della musica apparse in Italia, non si sviluppa su istanze propriamente speculative (se si eccettuano alcuni frangenti nei capitoli tematicamente più affini ad una riflessione filosofica: L’interpretazione e la critica musicale; Hanslick e il bello musicale; Filosofia ed estetica; Musica come linguaggio) e, al di là di ogni posizione pregiudiziale, l’autore non è artefice di una teoria particolarmente originale e nemmeno disdegna qualche etichetta oggi considerata oggetto del senso comune. Il suo lavoro, che porta un titolo decisamente onnivoro, Filosofia ed estetica della musica, si offre con una modalità enciclopedica a fornire una guida su tutto ciò che riguarda il lessico, le definizioni e le opere della letteratura musicale occidentale, organizzata attraverso una struttura che incrocia una storia della musica (soprattutto per generi) a una teoria musicale, rendendosi adatto anche ad una consultazione. Non vengono tralasciati i grandi interpreti, divisi per categorie (violinisti, pianisti, cantanti, direttori d’orchestra, …) e istanze di tecnica strumentale. Fra le particolarità forse meno prevedibili, vi è dedicato ampio spazio ai protagonisti e alle forme del rock, del pop e della canzone italiana d’autore; alla musica da film e all’operetta. L’ampiezza della trattazione, un percorso bulimico di tracce ed espressioni musicali, rivela l’amore e la lunga esperienza dell’autore nell’universo musicale, che lo porta a raccontare con una disinvolta familiarità di generi e opere molto lontane storicamente o nello spirito. Alimentato da un particolare coinvolgimento il capitolo dedicato alla musica sacra, non solo nell’enucleare musicisti italiani poco citati o poco eseguiti ma anche nel suggerire una adeguata animazione musicale della liturgia. Particolare affezione dimostrata anche verso la prima Filosofia della musica apparsa in Italia, oggi quasi del tutto dimenticata, firmata da Giuseppe Mazzini; non un caso di omonimia, ma proprio un’opera che si inserisce nel programma patriottico e umanitario dell’autore della Giovine Italia. La chiarezza del linguaggio e la costante sobrietà dell’esposizione giustificano qualche definizione sbrigativa e qualche salto nella concatenazione storica (nei capitoli che abbracciano tale prospettiva), senza compromettere la destinazione di un’opera che si rivolge “a tutti coloro che amano la musica incondizionatamente”. E tutto ciò porta, crediamo, a spiegare un titolo che l’autore motiva attraverso le definizioni generali di filosofia – amore per il sapere (studiare e definire i limiti della conoscenza, risposte sul senso del mondo) – ed estetica – cognizione della bellezza – proponendole essenzialmente come un unicum teso a seguire gli aspetti esteriori della musica (i materiali e gli arnesi, “musica come mondo”) e quelli interiori, emotivi gnoseologici e morali.

Giona Saporiti