Kurt Atterberg
“Orchestral Works, Vol. 3
Symphony No. 1 & Symphony No. 5”
Gothenburg Symphony Orchestra
Neeme Järvi, dir.
SACD Chandos – CHSA 5154
Sulle pagine di questa rivista ho già avuto modo di parlare dei primi due volumi dedicati dall’etichetta discografica inglese al corpus sinfonico del compositore contemporaneo svedese Kurt Atterberg, uno dei paladini del “neoromanticismo nordico” assieme ad Anders Johan Ture Rangströrm, Wilhelm Peterson-Berger, Wilhelm Stenhammar e Hugo Emil Alfvén. In un Paese musicalmente “letargico” come il nostro, per ciò che riguarda l’apertura e la curiosità verso quesi compositori che non sono degli habituées dei cartelloni concertistici, il nome di Kurt Atterberg è ancora duro da mandare giù e da digerire, anche se ormai da diversi anni all’estero soprattutto le sue nove sinfonie vengono stabilmente eseguite e apprezzate anche se, rispetto al contesto storico nel quale furono concepite, composte e revisionate dal musicista scandinavo, ossia tra il 1909 e il 1956, risultano a volte del tutto anacronistiche, visto che si rifanno a un linguaggio che recupera in pieno gli stilemi di quel tardo romanticismo nato, cresciuto e tramontato sulle proiezioni del sinfonismo brahmsiano e bruckneriano. Questo terzo SACD dell’integrale sinfonica propone la Prima e la Quinta sinfonia di Atterberg. Il primo lavoro fu composto tra il 1909 e il 1911, in un’epoca nella quale le radici mahleriane avevano ormai attecchito nella cultura sinfonica. Eppure lo sguardo del compositore svedese era ancora rivolto verso il sinfonismo tedesco (non dimentichiamo che fondamentalmente Atterberg rimase per tutta la vita un musicista “amateur”, pur ricoprendo incarichi in organismi musicali, visto che la sua prima attività fu sempre quella di ingegnere presso il Regio ufficio dei brevetti di Stoccolma, dove fu uno dei massimi dirigenti), in particolar modo verso Brahms. La Quinta sinfonia, detta “Sinfonia funebre”, fu invece composta tra il 1919 e il 1922 e risente del trauma, come per altri artisti dell’epoca, di cui fu vittima il compositore, provocato dalla carneficina della Prima guerra mondiale. Sinfonia drammatica, vibrante, a suo modo allucinata, sebbene avesse ricevuto una calda accoglienza, soprattutto in Germania dove tra l’altro fu eseguita sotto la bacchetta di Furtwängler, non convinse mai il suo autore che la revisionò in seguito diverse volte per poi giungere alla versione definitiva (quella registrata appunto su questo disco) del 1947. Ancora una volta, la lettura di Neeme Järvi, alla testa della Gothenburg Symphony Orchestra, è semplicemente ideale, appassionata, lucida, mantenendo quella qualità artistica che la pone, sebbene ancora da ultimare, quale integrale di riferimento per ciò che riguarda la discografia di questo autore.
Andrea Bedetti