Cover SACD Brahms-Berg - Ars

Johannes Brahms

Alban Berg

“Piano Works”

Vincent Larderet, pianoforte

SACD Ars Produktion ARS 38 217

Si è soliti accomunare l’evoluzione musicale dalle prime propaggini di un determinato tardoromanticismo alle conquiste armoniche del modernismo novecentesco partendo dalla visione di Johannes Brahms a quella che porta fino ad Arnold Schönberg, il quale fu, come si sa, un grande ammiratore e conoscitore del linguaggio musicale del sommo musicista di Amburgo. D’altronde, la nascita della musica moderna, quella che chiude la porta all’Ottocento e apre quella del Novecento, da un lato prende inizio da Brahms, dall’altra, in fase più eclatante, da Debussy. Quindi, spesso e volenteri si hanno delle registrazioni in cui vengono accomunate opere brahmsiane con altre schönbergiane, ma è raro trovare invece un accostamento, soprattutto pianistico, tra Johannes Brahms e Alban Berg come fa invece il pianista francese Vincent Larderet in questo interessante disco che vede la presenza della terza e ultima sonata del primo, unitamente a tre pezzi degli Intermezzi op. 117, e la celeberrima Sonata del secondo. Eppure, storicamente, musicalmente e armonicamente questa scelta è giustissima, tenuto conto che, come ricorda correttamente lo stesso Larderet nelle note di copertina, questo accostamento tra Brahms e Berg si impone necessariamente per comprendere il passaggio e la conseguente evoluzione della sonata pianistica. Se con la Terza sonata, che fu composta nel 1853, Brahms condensa e rilancia le conquiste formali beethoveniane, con quella di Berg, scritta tra il 1909 e il 1910 e poi rivista in due riprese, nel 1920 e nel 1925 (ed è quest’ultima versione che è stata registrata da Larderet) si giunge a una definitiva condensazione che vede in un unico tempo la trasmutazione e la fludificazione degli altri presenti e sedimentati dalla tradizione romantica. Il pianista francese, quindi, imprime nella lettura di queste opere un senso di continuità, creando un’arcata che timbricamente e temporalmente unisce l’armonia brahmsiana con quella bergiana, facendo sì che l’esecuzione della Sonata di quest’ultimo non sia così estremizzata come fece a suo tempo Glenn Gould nella sua celeberrima interpretazione, influenzata da un’indubbia caratura schönbergiana. Ne risulta una visione in cui Berg si lega maggiormente proprio più a Brahms che al suo maestro, facendo pendere l’ago della bilancia più su una dimensione tardoromantica che espressionistica (cosa che fece a suo tempo, in sede operistica, anche Karl Böhm nella sua storica registrazione del Wozzeck, da lui considerata l’ultima, grande opera tardoromantica piuttosto che la prima in chiave espressionistica di Berg). Ottima la presa del suono da parte di Manfred Schumacher, anche se la microfonatura alquanto ravvicinata, senza per questo causare picchi di saturazione nel registro acuto, cattura a tratti anche il respiro concitato dell’interprete.

Andrea Bedetti