D. Smetana
MA’ VLAST
Bamberger Symphoniker
J. Hrusa dir.
TUDOR 7196
Purtroppo, per molti, la musica ceca, boema, morava che dir si voglia si riduce a due grandi compositori: Dvorak e, appunto, Smetana, come se questa terra fosse stata, come dire, sempre un po’ periferica rispetto al grande mare della musica europea.
In realtà non è stato affatto così. Basta citare Benda e Biber, Krommer e Kozeluc, Zelenka e Reicha, Stamitz e Vanhal, Martinu e Janacek e tanti altri ancora per accorgersi del ruolo giocato realmente nella cultura musicale europea in un arco temporale di molti secoli.
Oggi scriviamo queste note per riparlare, attraverso una nuova incisione dell’etichetta svizzera TUDOR, di Bedrich Smetana e della sua composizione più importante: Ma Vlast, la mia patria. Come tutti sappiamo, si tratta di un ciclo di Poemi sinfonici, vero e proprio tributo di Smetana alla sua terra, che ne ha pero’ superato i confini geografici, per porsi, a buon diritto, tra le opere importanti del XIX secolo.
Mi sembra doveroso ricordare che Smetana, nel 1874 perse improvvisamente l’udito , con la comparsa di un acufene continuo. Questa menomazione gravemente invalidante e’, per un compositore, un musicista, una evenienza tragica. Ebbene, Smetana porto’ a termine la composizione di Ma Vlast (durata cinque anni) in queste condizioni e non ci deve stupire se venne infine ricoverato a Praga in un istituto per malattie mentali, dove morì nel 1884, dieci anni dopo la comparsa della sordità.
Per tornare a Ma Vlast, mi sembra di poter tranquillamente affermare che questa “icona” della cultura boema, sia davvero qualcosa di unico e prezioso nella storia della musica europea.
Si tratta di sei Poemi sinfonici che, seppure indipendenti l’uno dall’altro, formano però una solida, unica opera. E mi sento di condividere l’opinione del maestro Hrusa , ottimo direttore della Bamberger, che la composizione andrebbe eseguita sempre per intero, come una entità organica. Oggi molti programmi di concerto la vedono invece presentata scomposta, quasi sempre con il solo secondo Poema, “Vltava”, la Moldava.
Hrusa ha questa musica nelle orecchie fin da bambino e la sua opinione mi sembra inconfutabile.
Eseguendo Ma Vlast, ne allarga, amplia i tempi, creando una equilibrata miscelazione tra emozione ed intelletto che si snoda per tutto il ciclo dei Poemi, senza paura e senza pudore.
Smetana non si vergogna dell’ “heimat” che pervade la sua opera. Non ha pudore di mostrare la sua melanconia nostalgica per la sua patria, la sua “homeland”, senza però eccedere nella memoria a scapito della speranza per il futuro. E il maestro Hrusa ci dimostra chiaramente che ama la musica che sta dirigendo, che è cresciuta con lui e dentro di lui. E non tutti lo possono fare…
Consiglio vivamente questo SACD ibrido: non vi deluderà.
Angelo Formenti