Recensione concerto Scuola Giovanni Evangelista – 24 settembre 2016
Tassis Christoyannis (baritono) – Jeff Cohen (pianoforte)
Mélodies di Camille Saint-Saëns
Eventi musicali come quello che si è svolto nel magico salone della Scuola Grande San Giovanni Evangelista a Venezia, che ha sancito l’inizio della nuova stagione concertistica organizzata dal Palazzetto Bru Zane, rappresentano la migliore occasione per comprendere che l’accidia, come ben sapeva il sommo poeta Dante, è un nemico temibile per l’uomo. E nel caso specifico della musica, quest’annosa pigrizia, che attacca l’intelletto e l’ascolto, non permette non solo agli ascoltatori, ma anche agli addetti ai lavori, di cadere nella trappola del déjà vu o, per meglio dire, del déjà écouté, nel senso che l’accidia in perenne agguato impedisce di rendersi conto che, al di là delle solite opere che si ascoltanto di un determinato autore, ci possono essere altre pagine del medesimo che meritano altrettanta attenzione e altrettanto rispetto.
Come nel caso di Camille Saint-Saëns, al quale la fondazione musicale francese, con sede a Venezia, ha deciso di dedicare questa nuova stagione concertistica, iniziata appunto il 24 settembre e che si concluderà il 3 novembre, scegliendo un titolo che rappresenta in fondo un’ammenda nei confronti del compositore parigino, “Camille Saint-Saëns tra romanticismo e modernità”. Questo perché l’autore del Carnaval des animaux, della Sinfonia “con organo” e del Samson et Dalila (che rientrano, appunto, nelle solite opere che si ascoltano di lui) non è da annoverare come rappresentante di quella vena artistico-musicale legata a un’idea del romanticismo quale depositario di uno stile, di una scrittura e di una visione ancorati a un presente immoto, ma visto e considerato come un autore attento, malgré lui, a quella modernità dalla quale Saint-Saëns era stato bandito dapprima dalla generazione dei compositori francesi a lui posteriori (negli anni Venti Ravel, con la proverbiale e micidiale acidità che lo contraddistinguaeva, chiese spudoratamente al compositore parigino perché scrivesse ancora musica) e poi da una certa critica, adagiata su stilemi e luoghi comuni, che non si è resa conto che Saint-Saëns non era solo quello del Primo concerto per violoncello e del Secondo concerto per pianoforte.
Ecco, allora, come vuole la precisa filosofia di ricerca musicologica impostata e perseguita dal Palazzetto Bru Zane, che vuole riportare in superficie e far conoscere pagine poco conosciute di compositori francesi romantici conosciuti e pagine per nulla conosciute di altrettanti compositori transalpini pochissimo conosciuti, che questo concerto, dedicato alle Mélodies per voce e pianoforte di Saint-Saëns, ha saputo tracciare un preciso sentiero dal quale partire e proseguire, restituendo al musicista parigino una dimensione del tutto diversa da quella che siamo abituati a ritagliargli addosso, impostata su una, per molti, sorprendente modernità presente in alcuni ambiti della sua opera. A esibirsi un baritono di vaglia, specializzato nel repertorio francese dell’Ottocento, il greco Tassis Christoyannis, accompagnato dal pianista franco-americano Jeff Cohen, i quali hanno presentato una selezione delle Mélodies che hanno recentemente registrato per l’etichetta Aparte. Una silloge che ha contemplato due dei Cinq Poèmes de Ronsard, tutto il ciclo de La Cendre rouge, tre delle sei Mélodies persanes, oltre a Le Pas d’armes de Roi Jean, Extase, Désir d’amour e la Danse macabre (nella versione che presenta i versi della poesia di Henri Cazalis).
È interessante notare come tutte queste pagine abbiano fondamentalmente un denominatore comune, quello di essere delle microscopiche opere liriche per intensità dei colori timbrici, delle sfumature psicologiche e dei ritmi narrativi (il che mette a dura prova non solo la perizia tecnica, ma anche il senso di comunicabilità di chi le canta). Senza contare come le Mélodies presentate vantino, a livello di accompagnamento pianistico, una ricchezza e un senso di stupefacente modernità che non coinvolge solo il connotato timbrico, i cui colori trasformano la tastiera in una potenziale orchestra, ma anche e soprattutto le strutture armoniche, che giungono a sfiorare panorami e suoni più avvezzi alle dimensioni espressionistiche che a quelle tardoromantiche (il caso delle melodie del ciclo La Cendre rouge è a dir poco sintomatico, tenuto conto che furono composte da Saint-Saëns tra il 1914 e il 1915, ossia di fronte al tragico spettacolo del primo conflitto mondiale). Così, la voce e il pianoforte non solo esprimono, ma sperimentano, raccontano, ironizzano, scalpitano, cantano l’amore e i suoi dolorosi ricordi, parlano di vita per tenere lontana la morte, creando un palcoscenico fittizio attraverso il quale Tassis Christoyannis e Jeff Cohen si sono agganciati partendo da quello reale allestito nel salone della Scuola di Giovanni Evangelista, coinvolgendo il pubblico presente e dilatando il senso musicale che queste Mélodies incarnano.
Certo, è indubbio che una pagina bella e coinvolgente lo diventa ancor di più se trova i suoi interpreti ideali, come è avvenuto proprio in questo caso, grazie alla straordinaria comunicabilità e versatilità vocale del baritono greco (a dir poco ottima la sua pronuncia francese!) e alla sapiente capacità del pianista franco-americano di essere quella “trazione anteriore” che ogni cantante necessita in questi casi. Così, se Tassis Christoyannis ha impressionato per la potenza della sua emissione, sempre perfettamente controllata e calibrata (solo in rarissime circostanze si è trovato leggermente a disagio con il registro grave), oltre a una capacità di essere “teatrale”, come impongono e necessitano pagine come queste (la celeberrima Danse macabre finale è stata idiomatica a tale riguardo), Jeff Cohen, da parte sua, ha reso perfettamente l’idea che il leggendario Gerald Moore ha incarnato per decenni, quella di mettere a proprio agio chi canta, sostenendolo, anticipandolo, dandogli la scossa o calmando i bollenti spiriti e dipanando un delizioso tappeto sonoro sul quale il baritono ha passeggiato beatamente con la sua voce.
Un concerto prezioso che ha aperto come meglio non avrebbe potuto essere questo ciclo concertistico veneziano dedicato al finto “passatista” Camille Saint-Saëns.
Andrea Bedetti