3 settembre 2019
MiTo Settembre Musica
Concerto inaugurale – Mondi –
Teatro alla Scala
Erano ormai quattro anni che la Israel Philharmonic Orchestra mancava dalla Scala: era il 2015 anno dell’Expo e del Festival delle Orchestra Internazionali; dell’anno successivo è l’ultima apparizione di Martha Argerich. A fare da trait d’union, sul podio, Zubin Mehta, l’ottantatreenne direttore indiano che ha annunciato non farà più tournée con la Israel Philhamonic di cui è Direttore Musicale dal 1981. Il programma prevede due brani del grande repertorio e allo stesso tempo due cavalli di battaglia dei due interpreti: il Secondo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven e la Sinfonia Fantastica di Berlioz.
Già dall’entrata sul palcoscenico degli artisti si capisce che le condizioni del M° Mehta sono piuttosto precarie, con un po’ di fatica e con il bastone raggiunge uno sgabello posizionato sul podio. Fin dalle prime battute di Beethoven si vede un gesto molto limitato, contenuto e debole che tuttavia mantiene la proverbiale eleganza che ha sempre avuto Mehta con la bacchetta. Il risultato è un Beethoven in punta di piedi, attento, minimale e smussato. La Argerich invece anche a settantotto anni è la solita “enfante terrible”, musicalmente vivace, brillante e tecnicamente impeccabile. A tratti però si capisce che la serata non è delle più fortunate: più volte ci sono degli impercettibili scollamenti tra orchestra e solista, tuttavia l’ispirazione e la libertà esecutiva della Argerich fanno quasi gridare al miracolo.
Arrivata alla fine di un intensissimo Adagio, scatta libera con un tempo spedito nel vorticoso e travolgente Rondò finale. Alla fine del concerto la Argerich concede come bis la funambolica Sonata K.141 di Scarlatti, ormai uno dei suoi bis più comuni. Veramente impressionante la capacità di sfruttare ogni singolo suono e timbro del pianoforte creando una varietà di colori pressoché infinita, in una pagina con numerose difficoltà tecniche.
Nella seconda parte del concerto ecco incombere l’ingombrante Sinfonia Fantastica di Berlioz. Mehta sembra piuttosto stanco e il gesto a tratti è piuttosto impreciso, cosa inaudita per chi si ricorda il Mehta anche solo di un paio di anni prima. L’ottima Israel Philharmonic, dove spiccano soprattutto la sezione delle viole, per colore e bellezza del suono, e i clarinetti, per omogeneità, è troppo legata al gesto del direttore indiano, non “va da sola” come spesso si sente dire tra il pubblico. Come conseguenza spesse volte ci sono degli scollamenti tra le sezioni dell’orchestra, in particolare con i cambi di tempo o nei momenti dove la scrittura è particolarmente densa: per esempio nel finale del primo movimento. Il secondo movimento, Un Bal, nel complesso è quello che riesce meglio e con grande eleganza, caratteristica che ha sempre contraddistinto le esecuzioni di Mehta. Purtroppo l’accelerando finale (Animato) non avviene e rende la concertazione piuttosto pesante. Nei due movimenti conclusivi invece si riscontra una certa aggressività degli ottoni nei commenti più rocamboleschi e rutilanti penalizzando un pochino alcune folate di archi e legni. Tuttavia nell’insieme la Fantastica di Mehta è coerente anche se non sempre scorrevole dal punto di vista narrativo. Il pubblico saluta entusiasta l’esecuzione di Berlioz e dopo qualche minuto il direttore annuncia un bis “Una polka di Johann Strauss”. Si tratta della celeberrima Schnellpolka “Unter Donner un Blitz” (polka veloce “Sotto tuoni e fulmini”). Improvvisamente Zubin Mehta si rianima e ritrova le energie che non aveva avuto per tutto il concerto: il risultato è una polka frizzante, vivace e perfettamente compatta nell’esecuzione. Un saluto sorridente a Milano per il suo ultimo concerto scaligero con la Israel Philharmonic.
Luca Di Giulio