In occasione dell’uscita del secondo volume dedicato alle cantate di Francesco Nicola Fago incontriamo il giovane controtenore catanese Riccardo Angelo Strano.
Francesco Nicola Fago. Un autore sconosciuto, da voi riscoperto con due proposte discografiche. Come vi siete imbattuti in questo compositore?
Nel 2014 il Mº Sabino Manzo, conosciuto l’anno prima durante una masterclass del contralto Sonia Prina, la mia attuale coatch, notò subito la mia predisposizione naturale al “canto fiorito” settecentesco e subito mi propose una collaborazione discografica. La scelta del repertorio fu ardua ma alquanto breve: volevamo concentrarci su un autore pugliese senza ricadere su una scelta inflazionata, come ad esempio il classico recital di arie di compositori diversi ma scritte per un solo cantante castrato, com’è di tendenza oggi (questo è uno step che sto incominciando a valutare proprio adesso). Quindi, sotto consiglio della Dott.ssa Maria Grazia Melucci che per prima pubblicò in un volume tutte le cantate di Fago sin’ora edite, optammo per una scelta monografica di un solo autore che mi impegnasse nell’incisione di 3 dischi (il terzo ed ultimo della trilogia verrà inciso quest’anno) così da essere anche i primi ad esplorare questo repertorio cameristico discograficamente vergine, per nostra fortuna, in prima discografica assoluta che ha suscitato l’interesse sperato. In più ritengo che fosse doveroso ridare voce in capitolo a questo compositore ingiustamente trascurato, considerata la preziosa bellezza della sua musica.
*L’ascolto di queste arie rivela un gusto sopraffino per il bel canto non fine a se stesso. La cosa può sembrare paradossale, visto che alla voce di controtenore solitamente si rifanno alcuni dei passi più virtuosistici della letteratura. Per Fago invece sembra più importante l’introspezione. Cosa ne pensa?
In questi anni ho imparato a conoscere lo stile di Fago scoprendone un virtuosismo che raramente si traduce in passaggi di complessità pirotecnica per l’esecutore ma che si cela dietro qualcosa di ancora più complesso: la totale trasposizione del significato del testo, e/o della sua atmosfera generale, nella linea melodica ed armonica della composizione. Questa è la teoria degli Affetti tanto cara al barocco, esasperata (fortunatamente) fino ad essere resa una vera e propria forma di virtuosismo e cifra stilistica di questo compositore. E’ curioso notare come, nonostante Fago fosse un autore Napoletano/Pugliese, i passaggi di coloratura per la voce siano davvero rari in queste cantate e come lui abbia scelto un virtuosismo di tipo armonico-strutturale rendendo alcune composizioni in particolare (penso ad esempio all’aria “I più teneri sospiri” della cantata “Lagrime di cordoglio” presente nel primo volume) molto difficili da eseguire e da variare in maniera convincente. Perciò mi sono ritrovato a confrontarmi con uno dei compositori più introspettivi che abbia mai studiato, per citare la domanda, con uno spiccato senso della melodia tutta italiana (oserei dire tipica delle regioni meridionali) e del Bel Canto nel suo significato originale settecentesco, già come modo di scrittura per la voce ancor prima di modo esecutivo. Per quanto riguarda la scelta del cantante, preciso che Fago compose la maggior parte delle cantate sotto commissione e non indirizzandole ad un esecutore in particolare. Questo vuol dire che se già lo stesso Fago componeva la sua musica vocale a prescindere dal destinatario senza mai sacrificarne la qualità, che fosse il famoso cantante castrato Nicolò Grimaldi, detto il Cavalier Nicolino, suo cognato, od un estraneo che lo pagava bene, direi che la scelta di un controtenore per eseguirle non sia affatto paradossale soprattutto se si pensa che oggi, il controtenore, viene spesso preferito alle cantanti donne come sostituto moderno del cantante castrato e che era usanza dei compositori dell’epoca affidare sì ai castrati i ruoli più virtuosistici della letteratura, ma anche le pagine più belle e, appunto, introspettive della storia della musica barocca. Inoltre le cantate di Fago presentano un testo tutto al maschile ma le tessiture vocali per le quali sono scritte sono femminili: un’apparente contraddizione risolvibile con la scelta di un controtenore.
*cosa la affascina di più di questa musica?
Credo la sensualità e la carnalità, quella tipica della musica del settecento e, ancor prima, del seicento che si traduce nella teoria degli Affetti citata sopra. La “meridionalità” spesso “arabeggiante” propria del barocco napoletano che con mio grande stupore, ogni volta, mi rende chiaro come la musica dei giorni nostri, quella non-classica, chiamata “leggera”, sia tutta figlia del repertorio cameristico barocco dell’Italia del sud. Per me che ho sempre avuto problemi con regole e schemi senza “perché”, specialmente in musica, trovare la possibilità di variare una melodia scritta secoli fa applicando dei principi tutti propri della tradizione moderna “delle mie parti” e vedere che si applicano perfettamente a questo repertorio, è una delle liberazioni artistiche più grandi, una delle prime cose che mi fece innamorare del barocco all’inizio dei miei studi.
*Sia nel primo che nel secondo volume, la musica di Fago è inframezzata da brani puramente strumentali. Può spiegare questa scelta?
E’ una scelta principalmente derivata dal fatto che abbiamo inciso il primo disco direttamente basandoci sul programma del recital di presentazione del progetto che avevamo fatto un mese prima: com’è d’uso comune nei recital vocali, sia per fare riposare il cantante e sia per dare al pubblico un’eterogeneità all’ascolto, ogni due/tre brani vocali si interpone un brano strumentale. Così abbiamo deciso di unire l’utile ad altro utile ed utilizzare brani strumentali di compositori pugliesi mai incisi prima. La formula ha funzionato e l’abbiamo ripetuta per il secondo disco, e così faremo per il terzo.
*Prossimi progetti’?
Oltre all’incisione del terzo ed ultimo volume di questa trilogia dedicata a Fago che avverrà prima dell’estate (data ancora da definire) nel 2019 ho in programma tre debutti ed un felice ritorno: in primavera canterò al Festival Barocco di Siviglia con il ruolo dello Scriba nell’oratorio seicentesco “ Il Terremoto” di A.Draghi con Le Pohème Harmonique ed alla Semperoper di Dresda dove sarò Nireno nel “Giulio Cesare” di G.F.Haendel diretto da Alessandro de Marchi; in Estate, al Festival di Innsbruck, sarò Bagoa nella prima in epoca moderna de “La Dori” di P.A.Cesti sotto la bacchetta di Ottavio Dantone ed in autunno tornerò al Theater An Der Wien con il mio primo ruolo titolo Haendeliano che svelerò in seguito.