N. PAGANINI
his music, his instruments
Giulio Plotino, violino
Clemens Hagen, violoncello
Matteo Mela, chitarra
Dynamic CDS779
Il nuovo CD del violinista genovese Giulio Plorino racconta una storia: quella del celeberrimo violino costruito da Guarnieri del Gesù nel 1743 e appartenuto a Paganini. Uno strumento oggi conosciuto come “il cannone”. La registrazione è sensazionale per almeno due motivi: riunisce per la prima volta tre strumenti appartenuti a Paganini (un violino, una chitarra e un violoncello) e il violino utilizzato viene qui “montato” con l’originale setup del tempo di Paganini. Il titolo del nuovo album proposto dall’etichetta genovese Dynamic è del resto già programmatico: “Paganini, his music, his instruments”. Tre solisti d’eccezione sono protagonisti di questa proposta: Giulio Plotino (violino), Clemens Hagen (violoncello) e Matteo Mela (Chitarra). Come detto il disco è piuttosto intrigante e risulta difficile cogliere la reale portata di questa incisione paganinia. Basterebbe infatti già solo il programma per consigliarne l’ascolto. Con alcuni brani cameristici di rara proposta, come il Terzetto in re maggiore che apre il disco, o, ancora, l’incredibile “nel cor più non mi sento per solo violino”, un grande brano della durata di circa 13 minuti che propone una popolare aria dall’opera “La bella molinara” di Pasiello (oggi pressochè sconosciuta, ma all’epoca evidentemente un brano di successo). A chiusura del disco una Sonata concertata in la maggiore per chitarra e violino e, a completamente di programma, la sonata n.33 per solo chitarra. Il programma dunque ci fa entrare nel mondo cameristico di Paganini e lo fa attraverso un approccio filologico dato appunto dagli strumenti: il violino è, come detto in apertura, il celebre “Cannone”, costruito da Guarnieri del Gesù nel 1743; il violoncello è invece uno Stradivari del 1736 (di cui purtroppo non possiamo ammirare foto dettagliate nel booklet, in quanto la Nippon Foundation che attualmente possiede lo strumento non ha concesso i permessi per la riproduzione – sic!). La chitarra, anch’essa appartenuta a Paganini, che era un autentico appassionato di questo strumento, è una Ory del 1797. Con il “Cannone” sono state fatte svariate incisioni ma mai nessuno aveva pensato di settare lo strumento con corde di budello non rivestite, togliere spalliera e mentoniera e utilizzare un nuovo ponticello (più basso in altezza rispetto a quello moderno). Ci ha pensato con molta arguzia Giulio Plotino, di ritorno alle nostre latitudini dopo un soggiorno australiano che lo ha visto protagonista indiscusso del panorama musicale della terra dei canguri. Lo ammiriamo qui con una tecnica impeccabile, un suono deciso ma attento all’epoca (Plotino, lo ricordiamo, ha alle spalle svariate collaborazioni con ensemble di musica antica, fra cui la Venice Baroque Orchestra), con un vibrato dunque mai invadente ma calibrato il giusto. Non sono da meno Clemens Hagen e Matteo Mela. Impreziosisce la proposta, le consuete note musicologiche firmate da Danilo Prefumo, qui accompagnate da un saggio organologico firmato da Alberto Giordano. Un disco splendido, per uscire dal più circoscritto terreno dei “24 capricci” e dei grandi concerti per lo strumento.
Gabriele Formenti