CD SONY CLASSICAL (2016)
GIORGIO FEDERICO GHEDINI
ORCHESTRA DELLA TOSCANA
DANIELE RUSTIONI
Appunti per un Credo
Musica Notturna
Studi per un affresco di battaglia
Sonata da concerto per flauto e archi
Orchestra della Toscana
Violini solisti: Andrea Tacchi, Chiara Morandi
Flauto solista: Andrea Oliva
Direttore: Daniele Rustioni
Vigorosa, malinconica, intrisa di storia è la musica di Giorgio Federico Ghedini. Può fare in un primo momento, se non si è mai avuta l’occasione di ascoltarla, una curiosa impressione: vi si incontrano, non troppo raramente, frammenti melodici dal grande sinfonismo ottocentesco (per questa incisione, la mente corre a Beethoven, Brahms e Mahler), per poi imbattersi in certe evidenti parentele, in un’epidermica familiarità con il repertorio modernista (Stravinskij, Hindemith), senza mai però allontanarsi a lungo dal legame professo, e devotamente coltivato da parte del compositore verso la tradizione musicale italiana antica, soprattutto rinascimentale. Daniele Rustioni, direttore principale dell’Orchestra della Toscana, ha diretto Appunti per un Credo, Musica Notturna, Studi per un affresco di battaglia e la superlativa Sonata da concerto per flauto e archi nel settembre 2014, a pochi mesi dall’inizio della propria collaborazione con la stessa formazione. Il giovane direttore, formatosi anche da pianista e organista, come lo stesso Ghedini, dà l’impressione di trovarsi nell’agio più assoluto di fronte a queste partiture: la qualità dell’interpretazione, in virtù sia della sua direzione, sia dell’appassionato impegno di cui gli orchestrali danno prova in quest’ora di musica, non vacilla mai, nonostante le sensibili differenze che intercorrono fra i diversi brani (sia in termini di atmosfera emotiva, che di tipo di scrittura, che di genere).
Come giustamente sottolinea Giovanni Gavazzeni, curatore dell’introduzione nel booklet, Ghedini non si considerava – e di fatto non era – un affiliato di nessuna delle scuole compositive sue contemporanee, non godette e tutt’oggi non gode della notorietà sperimentata dai musicisti della cosiddetta generazione dell’’80. La cernita di opere che Rustioni e l’Orchestra della Toscana propongono è tanto più interessante e ben concepita se ne si considera la capacità di presentare sinteticamente, pur restando nel repertorio per l’orchestra sinfonica, i volti più rilevanti della sterminata produzione di Ghedini: da quello spirituale, permeato di tradizione vocale omofonica, modi ecclesiastici e testi sacri (con Appunti per un Credo, 1962), a quello del sinfonista italiano alla volta di secolo, la cui memoria vigila sul secolo precedente, soprattutto sull’eredità austriaco-tedesca, ma che procede su vie del tutto emancipate da entrambi, secolo ed eredità (con la dolcemente alienante Musica Notturna, 1947), a quello del musicista dedito alla riscrittura e alla conservazione di alcuni venerandi modelli (nel caso degli Studi per un affresco di battaglia, 1961, quelli della polifonia cinquecentesca di Gabrieli), secondo un’attitudine tipicamente novecentesca, l’auto-riflessione e l’ineludibile confronto con i propri predecessori. Il punto più alto a nostro avviso di quest’incisione è la Sonata da concerto per flauto, archi e percussioni (1958): è grazie ad Andrea Oliva, primo flauto di S. Cecilia, che l’ultimo brano conquista una nota superba. Si odono assommati, in questa partitura, e portati a nuova sintesi molti dei caratteri incontrati nelle altre composizioni, ma soprattutto si ripercorrono le tracce, persistenti ma non per questo lampanti, delle molte delle influenze dello stesso Ghedini (il cui genio creativo qui si dimostra, forse paradossalmente in questo modo, ancor più personale). La diegesi musicale che si dipana attraverso la Sonata da concerto è potente, tesa, pura nel suo essere sprovvista di suggestioni programmatiche o particolari richiami storici (proprio perché quelli che vi si possono ancora rinvenire sono del tutto integrati: non più citazioni o echi, ma radici). A Rustioni e ciascun membro dell’Orchestra della Toscana rivolgiamo allora un pensiero di gratitudine, per aver contribuito a salvare dalla dimenticanza e dalla sua insoddisfacente diffusione questa musica così colta, memore, e ancora, proprio per le ragioni appena ribadite, nuova.
Alice Verti