*Franco Pulcini
Janáček – Vita, opere, scritti (Nuova edizione)
2014 Albisani Editore
*Elena Maiullari
L’evoluzione del teatro musicale di Leoš Janáček
2016 M.A.P. Editions Milano
Con il nostro Giacomo Puccini e Richard Strauss, Leoš Janáček viene considerato (giustamente) il più grande operista del Novecento. Eppure la sua fama in Italia, così come il suo teatro operistico e le sue composizioni strumentali e corali (queste ultime davvero pregevoli), faticano ancora a farsi strada per via di un fattore che pesa tuttora moltissimo nell’economia dell’ascolto della sua musica, quello relativo all’osticità rappresentata dalla lingua ceca (come se il tedesco di Richard Strauss fosse, invece, di pubblico dominio presso i melomani e i musicofili nostrani). E ciò rappresenta un vero peccato, poiché le composizioni operistiche e il resto del repertorio del grande compositore moravo rappresentano uno dei capitoli più profondi e affascinanti dell’evoluzione musicale che va dalla fine dell’Ottocento fino ai primi decenni del secolo successivo. E per aver conferma di una certa “indifferenza” di fronte a questo musicista, basterà ricordare il fatto che a tutt’oggi sono stati dedicati soltanto due testi alla sua musica da parte di specialisti e studiosi italiani, testi che sono al centro di questa recensione. Il primo libro, quello di Franco Pulcini, pubblicato dapprima da Passigli nel 1993 e poi, in una nuova edizione aggiornata, da Albisani nel 2014 (in entrambe le circostanze grazie all’impegno e all’interessamento della benemerita Associazione De Sono di Torino), rappresenta un classico che non ha nulla da invidiare rispetto alle analisi e agli studi fatti in campo internazionale su Janáček da parte di specialisti del calibro di John Tyrrell, Hans Hollander e Mirka Zemanová. Pulcini, non dimentichiamolo, è tra i maggiori esperti in Italia di musica slava (un altro suo notevole saggio, tra l’altro, è stato dedicato a Dmitrij Šostakovič) e in passato ha trascorso un periodo di tempo nella repubblica ceca, dove ha approfondito la conoscenza della lingua ceca e dove, per documentarsi su questo libro, ha avuto accesso alla ricca documentazione conservata presso l’Archivio “Janáček” di Brno. Le peculiarità e i pregi della biografia di Pulcini risiedono nel fatto che, pur essendo uno studio approfondito (il testo ammonta a quattrocento pagine) non assume mai la dimensione e la caratteristica di un saggio destinato agli addetti ai lavori. La prosa del musicologo e storico della musica, infatti, permette al lettore di addentrarsi piacevolmente nella vita e nell’opera del compositore moravo senza ricorrere a un linguaggio astruso o specialistico. Gli esempi musicali sono usati con parsimonia e sempre in modo lungimirante, soddisfacendo così chi conosce il linguaggio musicale e anche chi, invece, di fronte ai pentagrammi, non essendo in grado di decifrarne la portata, potrebbe scoprirsi frustrato ed escluso. Pulcini, poi, ha il merito di presentare il catalogo janáčekiano, a cominciare dalle opere liriche, in modo mirato, diretto, offrendo a chi legge un quadro più che esaustivo sui motivi, le ragioni, le curiosità di ogni titolo, inserendolo nel racconto della vita dell’autore, senza dimenticare la presenza di alcuni scritti dello stesso compositore moravo, che mettono in luce la sua lucidità critica e musicologica, tradotti dallo stesso studioso torinese. La prosa di Pulcini ha un preciso scopo, quello di far amare la musica di Janáček riuscendoci pienamente grazie a un ritratto a tutto tondo e a un approccio critico capace di mettere a proprio agio il lettore e l’appassionato di musica.
Al contrario, il testo della compositrice e musicologa Elena Maiullari è più specialistico e particolare, in quanto prende in considerazione soltanto tre opere del musicista moravo, per la precisione Jenůfa, La piccola volpe astuta e L’affare Makropulos, ossia quelle che, con Da una casa di morti, rappresentano il vertice del teatro musicale janáčekiano. Questi tre capolavori vengono analizzati in profondità, prendendo in considerazione tre aspetti, quello dell’andamento melodico-armonico, quello delle parti vocali e quello metrico-ritmico, mettendoli a confronto proprio per evidenziare uno sviluppo che coinvolge, di pari passo, l’evoluzione strumentale così come quella vocale. Va da sé che tale testo, condensato in appena trenta pagine, è appannaggio di addetti ai lavori, a critici e a quei giovani musicisti che, affacciandosi all’attività compositiva, possono apprendere dalle puntuali e lucide considerazioni della musicista lombarda. Testo prezioso nella sua essenza e nella capacità di cogliere spunti, concetti e aspetti che risultano indispensabili per conoscere in profondità la concezione musicale di Janáček.
Andrea Bedetti