Modena, Teatro Comunale “Pavarotti”, 2-4 dicembre 2016
M. BETTA
Notte per me luminosa
Tony Contartese (Ludovico Ariosto, voce recitante), Francesca Tassinari (Angelica), Francesca Sartorato (Medoro / Astolfo), Ernesto Petti (Orlando / Pastore).
Ensemble da Camera della Fondazione Teatro Comunale di Modena, direttore: Alessandro d’Agostini, regia: Italo Nunziata, scene e costumi: Mariangela Mazzeo
PRIMA ASSOLUTA
Notte per me luminosa (2016) è il più recente esito della produzione operistica di Marco Betta. Il lavoro è stato commissionato dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena in occasione dei 500 anni della prima edizione dell’Orlando Furioso, ed è frutto di una nuova collaborazione del compositore con Dario Olivieri, autore di soggetto e libretto. La prima assoluta ha avuto luogo venerdì 2 dicembre nel teatro che l’ha commissionata. Questo il sottotitolo di cui il compositore l’ha provvista: «Scene liriche su personaggi dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto» e si deve ammettere che esso non manca di dichiarare con una certa onestà il modo in cui l’opera si relaziona con il testo ariostesco. Per cominciare: sono certo i personaggi, e in un ridottissimo novero, ciò che più fedelmente sopravvive dell’originale. Scelta non necessariamente deprecabile, tuttavia, se si considera l’impostazione ‘minimalista’ non soltanto delle musiche, ma anche di libretto e scenografie. A proposito di queste ultime, uno degli elementi più riusciti dell’allestimento, Mariangela Mazzeo le concepisce come un gruppo di scheletri architettonici, un assieme di strutture, griglie, pannelli che riproducono, quasi una metafora edilizia, l’operazione che Olivieri porta avanti sull’Orlando furioso, lasciandone visibili soltanto alcuni tratti, appunto, strutturali e l’ossatura del suo contesto storico-artistico.
Perfettamente secondo le proprie consuetudini stilistiche, la partitura segue prevalentemente tre filoni stilistici: uno tonale, oltremodo stilizzato, semplice sotto il profilo armonico, assai prossimo nella forma e nel gusto a certe colonne sonore, genere al quale del resto, il compositore è tutt’altro che estraneo, essendo autore di svariati lavori che vi appartengono; un filone minimalista, dal quale la tonalità non si assenta, ma resta sospesa, che è riservato a un ridotto gruppo di numeri, per così chiamarli, durante i quali la voce, o le voci, sono corredate di un organico strumentale ridottissimo, nel quale dominano, non sorprendentemente, gli strumenti della minimal music per eccellenza, pianoforte e percussioni; e infine un filone atonale, legato alle parentesi più agitate del libretto, nelle quali la voce recitante sostituisce il canto. Ma l’aggettivo ‘post-moderno’ aderisce al lavoro di Betta non tanto in virtù della varietà stilistica che si ravvisa nella scrittura musicale, quanto della relazione fra il versante musicale e quello testuale dell’opera. Del capolavoro ariostesco, come si è detto, restano poche vestigia. Se è vero che ogni reinterpretazione implica, per sua natura, numerose ellissi e una cernita destinata a far sopravvivere certe tematiche soltanto, a discapito di altre, l’operazione di Oliveri porta l’attenzione tanto più sulla figura umana, che su quella autoriale, di Ariosto, che sul poema di cui si celebra il cinquecentenario. I pensieri del poeta prendono voce nei due “madrigali”, l’uno su un testo – oggetto di riscrittura – di Jorge Luis Borges (Ariosto y los Árabes), l’altro su un passo di Erasmo (dall’Elogio della follia, capitolo XIX). Lasciando per un istante da parte che il ruolo del poeta sia, purtroppo, fra tutti il meno riuscito, anche per via di uno stile recitativo piuttosto consunto e onnipresente nei teatri di prosa nazionali, il fatto che le sue riflessioni e i suoi turbamenti emotivi si esprimano facendo uso di frammenti estranei alla sua stessa tradizione letteraria lascia intravedere senza difficoltà la volontà, da parte degli autori, di attribuire a Ludovico un mondo interiore assai lontano da quello originale, non necessariamente coerente con la sua figura: un mondo frammentario, appunto, disinibito di fronte alla possibilità di attingere a contesti storici disparati fra loro, e a sensibilità artistiche chiaramente distinte, un mondo post-moderno insomma, se vogliamo far uso ancora una volta del vituperato aggettivo, che si fatica a vedere trasportato nella mente e nelle parole di un uomo del Rinascimento. E questo può, in ogni caso, essere perfettamente accettato, nei limiti in cui si riconosce a Betta e Olivieri di aver realizzato un’opera sull’autorialità, e sui problemi dell’interazione fra l’Autore stesso, le proprie opere ed il contesto delle proprie influenze. Problemi, tuttavia, che è il secolo scorso ad averci consegnato, e che solo seguendo una forte spinta alla deconstestualizzazione si può pacificamente ammettere di vedere accompagnati alla celebrazione di un poema e di un autore cinquecenteschi. Ma è probabilmente proprio questo l’intento degli autori, fare del pretesto celebrativo il veicolo per riflessioni del resto assolutamente contemporanee.
Alcune parole, infine, sugli aspetti esecutivi. I tre cantanti dell’allestimento modenese danno una bellissima prova delle proprie facoltà sceniche, senza manchevolezza alcuna sotto il profilo canoro ma soprattutto persuasivi nella messinscena del proprio (o dei propri) ruolo (o ruoli) dall’inizio alla fine dell’opera. Impeccabile la direzione e l’esecuzione anche da parte di Alessandro d’Agostini dell’Ensemble da Camera del teatro ospite.
Trattandosi di una coproduzione del teatro modenese con il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona e la Fondazione dei Teatri di Piacenza, le successive repliche di Notte per me luminosa avverranno l’11 dicembre 2016 (con due repliche per le scuole il 12) al Teatro Comunale Chiabrera di Savona e il 28 e il 30 aprile 2017 (con un’anteprima per le scuole il 26) al Teatro Municipale di Piacenza.
Alice Verti