Handel in Rome 1707
Donna, che in ciel, Ah che troppo ineguali, Dixit Dominus,
Maria Espada, Rachel Redmond,
Marta Fumagalli,
Ghislieri Choir & Consort,
Giulio Prandi, direttore
DHM 88985348422
Sul finire del 1706, Georg Friedrich Händel arrivò a Roma dopo i brevi soggiorni di Venezia e di Firenze. Non aveva ancora 22 anni. Entrò subito nell’agone romano, dove dominavano Antonio Caldara, Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti con il patrocinio laico di un marchese Ruspoli, e sotto la protezione musical-cardinalizia dei Colonna, degli Ottoboni e dei Pamphilij.
Il programma di questo cd, registrato interamente live in diversi concerti e dedicato proprio al soggiorno romano haendeliano, si intitola significativamente “Handel in Rome 1707” e mette a frutto i risultati musicologici che Juliane Riepe ha pubblicato nel 2013 sulla cronologia delle composizioni che il giovane Händel (Handel, senza la umlaut, dopo la naturalizzazione inglese) scrisse durante il suo soggiorno italiano tra il 1706 e il 1710. A quanto pare, l’imponente cantata sacra dedicata alla Madonna, Donna che in ciel (HWV 233), che apre il cd, fu il “biglietto da visita” del giovane musicista luterano per i cattolici romani, ‘presentato’ in occasione delle celebrazioni istituite per ringraziare la madre di Cristo nell’«Anniversario della Liberatione di Roma dal Terremoto nel giorno della Purificatione della Beatissima Vergine» (così recita il frontespizio del ms. musicale) che nel 1703 aveva devastato l’Italia centrale risparmiando l’Urbe (e la storia si ripete…). E di questa cantata mariana Anne Sofie von Otter, diretta da Reinhard Goebel, ci ha lasciato in cd (Archiv, fuori catalogo) un’interpretazione punto di riferimento per la sua nobiltà d’accento, per la sua eleganza nel fraseggio, per l’intimità dolente espressa utilizzando sapientemente il velluto del suo meraviglioso registro grave.
Il Sassone, dunque, fu subito messo alla prova dal cardinale Pietro Ottoboni – così almeno ipotizza Riepe –, famoso mecenate di arte, poesia e musica e membro dell’Arcadia, che nel suo Palazzo della Cancelleria installò un piccolo teatro per ospitare concerti e rappresentazioni e ingaggiò Filippo Juvarra, in qualità di architetto e scenografo. Come ebbe modo di scrivere Mainwaring, il cardinale Ottoboni fu “persona di gusto raffinato e di principesca magnificenza. Accanto ad una scelta collezione di dipinti e di statue, possedeva una vasta biblioteca musicale e un’eccellente orchestra, che teneva costantemente alle proprie dipendenze. L’illustre Corelli era il primo violino, ed era alloggiato nel palazzo del cardinale”; e a quanto racconta il primo biografo di Händel, il mite e permaloso Corelli ebbe serie difficoltà ad eseguire il “fuoco” e la “forza” delle ouvertures haendeliane scritte dal Sassone in quello “stilo francese”, del quale Corelli candidamente si dichiarava incompetente. Presso il cardinale Ottoboni, Händel conobbe Alessandro e Domenico Scarlatti, e in questo palazzo si svolse la memorabile competizione musicale con il giovane Scarlatti. Mentre il confronto al clavicembalo finì con un sostanziale pareggio, con qualche preferenza in più per il napoletano, la superiorità di Händel all’organo fu evidente a tutti, e lo stesso Scarlatti ammise la “potenza” dell’antagonista: nacque così una grande amicizia!
Tra una cantata ed un’altra per Francesco Maria Ruspoli, marchese di Cerveteri – se ne contano almeno una decina, oltre due mottetti (HWV 231 e 239), una Salve Regina (HWV 241) e, successivamente, l’oratorio La Resurrezione (HWV 47) – il giovane Händel nell’aprile del 1707 completò pure il famoso salmo a due cori Dixit Dominus (HWV 232), presente in questo cd e molto fortunato discograficamente. L’ipotesi corrente è che sia stato eseguito il 15 luglio seguente, vigilia della festa della Beata Vergine del Monte Carmelo, durante i primi vespri solenni nella chiesa carmelitana di Santa Maria in Montesanto, in piazza del Popolo, con il patrocinio del cardinale Colonna, che sembra possedesse una copia manoscritta del lavoro, ricostruiti in cd splendidamente come Vespri Carmelitani da Andrew Parrott con i suoi Taverner Choir & Players, con solisti di spicco come J. Feldman, E. Kirkby, E. Van Evera, M. Cable, M. Nichols, J. Cornwell, D. Thomas (2 cd Virgin, ora Erato), ma con risultati inferiori da Alessandro de Marchi con la sua Academia Montis Regalis (2 cd DHM).
A quella stessa estate risalirebbe il frammento di una cantata mariana più ampia, Ah che troppo ineguali (HWV 230), eseguita il 17 agosto per la festa dell’Assunta nel Palazzo della Cancelleria per il cardinale Ottoboni dal soprano castrato Pasqualino Tiepoli, cantore della Cappella pontificia di cui l’Ottoboni era il cardinal-protettore: anche di questa incompleta cantata (solo un recitativo e aria) la von Otter ci ha lasciato un’interpretazione molto suggestiva, che penso non ci possa far assolutamente rimpiangere la voce del castrato “Pascalino”.
Giulio Prandi, alla testa dei suoi Ghislieri Choir & Consort, fondati nel 2003 presso l’antico e prestigioso Collegio Ghislieri di Pavia, risalente al 1567, dà nuova vita direttoriale a queste composizioni finora di pertinenza di gruppi blasonati inglesi e tedeschi, affrontando con slancio vitale il repertorio di questo cd e infondendo soprattutto al fantasmagorico Dixit Dominus quel “fuoco” e quella “forza” di cui parlava il biografo Mainwaring, rispetto alle compassate esecuzioni all’ “inglese”, stile Anthem anglicano, di sir John Eliot Gardiner e Simon Preston. Ciò grazie alla virtuosistica prova in tutti i suoi settori del Consort e del Ghislieri Choir, che nel panorama italiano è una vera eccezione nell’ambito della musica polifonica sacra, per la quale abbiamo una scarsa tradizione esecutiva rispetto agli storici cori delle famose abbazie e collegi universitari inglesi. A questo proposito, mi piace ricordare anche la bella prova live e in cd del coro dell’antico collegio di Pavia diretto da Prandi, nella Passione secondo Giovanni di Gaetano Veneziano realizzata da Antonio Florio con la sua “Cappella Neapolitana” (cd Glossa). Non si può dire lo stesso, però, per gli interventi solistici concertanti, non sempre all’altezza dell’esecuzione corale, soprattutto per la voce nasale del tenore, ma fatte salve le buone prove del soprano Mara Corazza e del mezzosoprano Marta Fumagalli.
Le due cantate mariane – più sfortunate discograficamente – sono state affidate al soprano spagnolo Maria Espada, la cui interpretazione non va oltre la correttezza esecutiva, e null’altro. La sua voce è fluida, ben estesa nel registro alto, ma con un registro grave non particolarmente apprezzabile e dal timbro e dal carattere più operistico che intimistico e “spirituale”: insomma una voce non adatta alle due cantate sacre haendeliane, soprattutto se paragonata alla ieraticità della Anne Sofie von Otter.
Domenico Antonio D’Alessandro